Il restauro di Palazzo Pinto a Salerno
Palazzo Pinto sorge nel cuore del centro storico cittadino, lungo una delle principali arterie viarie, la via de’ Mercanti, che già nel nome richiama la natura e la storia di questa zona, e che ancora oggi è sede di numerose e prestigiose attività commerciali e artigianali. I proprietari appartenevano ad un ramo del casato dei Pinto, nobile famiglia di origine normanna, le cui prime attestazioni risalgono agli inizi del 1200. L’impianto originario, sorto su strutture più antiche (presumibilmente di epoca longobardo-bizantina), è medioevale, come testimoniano le numerose vestigia romaniche di recente riportate alla luce, tra cui le ampie arcate prospicienti il vicolo dei Pinto, le cornici e gli archi decorati da preziose tarsie policrome, ed è da ricondurre all’architettura cosiddetta “normanna” dei secoli XI e XII.
Una significativa variazione d’uso dovette interessare il complesso romanico, probabilmente già rimaneggiato da successive alterazioni, nella seconda metà del XV secolo, quando il complesso edilizio medioevale fu interessato da modifiche ed accrescimenti che lo trasformarono in una splendida ed elegante dimora nobiliare della quale ancora oggi ne sono testimonianza i raffinati elementi architettonici superstiti, in primo luogo gli archi, i loggiati e le eleganti modanature lapidee. Questi elementi dimostrano l’esistenza di un magnifico esempio di architettura palaziale a Salerno, eseguito da sapienti maestranze secondo un accurato disegno che segue i tipici stilemi dell’architettura “rinascimentale meridionale” della seconda metà del XV secolo, quando nel regno aragonese di Napoli, si ebbe un Rinascimento diverso da quello del Centro e del Nord Italia, nel quale si rimescolarono le influenze normanne, moresche e fiorentine alle presenze stilistiche del gotico “internazionale”. Ritroviamo difatti, al piano terra della corte interna, l’elemento caratteristico ed emblematico di tale architettura: l’arco ribassato “catalano”, originale invenzione e suggestivo elemento di tensione dinamica, caratterizzante le espressioni rinascimentali meridionali e propriamente campane.
L’impianto attuale del vasto edificio gentilizio, che fu dimora della famiglia Pinto sino al 1910, risale, nelle conformazioni odierne delle scale, dei saloni e degli accessi agli ambienti residenziali, a non oltre la seconda metà del Seicento; a partire da tale data, infatti, i Pinto , con successivi e graduali interventi, ampliarono la loro dimora, acquisendo altri edifici confinanti a sud e la copertura di una loggia al primo piano, realizzando così una sede nobiliare più ampia ed articolata: ne scaturisce un nuovo complesso residenziale che modifica ed integra gli edifici preesistenti sia nell’organizzazione della partitura medioevale e rinascimentale che nel rapporto con le costruzioni adiacenti. Difatti il prospetto principale su via de’ Mercanti, mediante l’uso di raffinati registri architettonici e sapienti scansioni delle aperture, armonizza ed unifica l’articolato complesso preesistente, rappresentando così uno dei più equilibrati esempi di facciate tra le dimore gentilizie salernitane.
La storia come conoscenza progettuale ed il restauro come attività progressiva di conoscenza sono i punti fondamentali che hanno orientato l’intervento di recupero degli spazi di Palazzo Pinto, luogo in cui la storia stessa è stata eletta a guida per l’intervento di progettazione.
In particolare, nell’intervento di restauro sono state perseguite prioritariamente, per le caratteristiche intrinseche del caso, le seguenti finalità:
La conservazione degli elementi fisici e dei comportamenti strutturali del manufatto-testimonianza storica, quale espressione riproducibile della cultura materiale che lo ha realizzato;
Il rispetto delle stratificazioni del palinsesto reclamato dalla conservazione e le aggiunte come prodotto del nostro tempo e della nostra cultura, contro l’aspirazione ad ogni costo alla presunta completezza dell’opera perseguita in modo retroattivo;
La nozione di bene e patrimonio collettivo quale documento materiale, che si tutela e si conserva solo promuovendone un ruolo nuovamente attivo e vitale nel contesto sociale che lo accoglie.
Nello specifico, ad esempio, dell’intervento di consolidamento degli elevati e degli orizzontamenti dei vani centrali del lotto, particolare cura è stata riservata, anche con il ricorso a leggere intelaiature metalliche di irrigidimento e con un attento e tecnologicamente avanzato recupero ed integrazione dei preesistenti solai lignei, alla lettura filologica delle stratificazioni e delle trasformazioni del manufatto, valorizzando la storia degli elementi costruttivi e decorativi che hanno caratterizzato l’articolata vita dell’edificio e che, riportati alla luce durante le fasi di restauro, riprendono vita in un insieme spaziale articolato, testimone oggi delle differenti funzioni alle quali il complesso monumentale si è adattato nel corso dei secoli. In tale visione, è stato assunto come punto di fuga costante del progetto di restauro il concetto di “conservazione integrata”, coniugando alla nozione di “conservazione” quella di “riuso” del bene, riportando dopo decenni di totale abbandono ad un uso ed una fruizione pubblica del manufatto quale “Palazzo della Cultura”.